Quasi trenta persone si sono ritrovate alla Libreria Il Catalogo di Pesaro per ascoltare lo scrittore Mauro Ferri e il fisico Davide Fiscaletti sui temi dell’universo infinito atemporale e consapevole, narrati nel romanzo prodotto assieme al fisico Amrit Sorli e pubblicato da NeàTrofè.
Nonostante l’agguerrita concorrenza del probabile futuro sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, che ha lanciato in contemporanea la sua aggressiva campagna elettorale, una trentina di persone, appassionate più ai temi proposti da Ferri e Fiscaletti che a quelli della politica locale (di questi fino a maggio non mancherà certo occasione per parlare quotidianamente), ha preferito seguire gli autori del romanzo OLTRE LA FENDITURA (NeàTrofè, Euro 16,00) e dialogare con loro sulle non semplici ma intriganti questioni che riguardano l’essenza profonda del nostro essere e, se vogliamo, dello stesso Essere supremo. Non senza ardire i due scienziati e lo scrittore ritiengono, se non di poterlo spiegare, di aver individuato una strada che possa essere una proficua prospettiva di ricerca per comprenderlo un po’ più da vicino.
Ferri, Fiscaletti e Sorli sono al lavoro su questo progetto di narrativa scientifica da non meno di quattro anni, quando un comune amico li ha presentati (a lui è dedicato il capitolo finale), dando il via a un sodalizio intellettuale il cui risultato è appunto OLTRE LA FENDITURA, il romanzo che si propone di spiegare al pubblico dei non addetti ai lavori i fondamenti della teoria fisca dell’Universo infinito, atemporale, granulare, ondulatorio e consapevole.
Mentre Davide Fiscaletti è stato chiamato a dare risposte più tecniche ai quesiti posti dal pubblico, Mauro Ferri ha illustrato con una sintesi semplificata la teoria di Fiscaletti-Sorli: “L’universo è infinito” ha esordito, chiarendo che per Universo si intende non solo l’insieme delle galassie nate dal big bang, ma anche il vuoto nel quale quell’insieme va espandendosi e tutti gli altri possibili insiemi di ammassi galattici che possono esistere. “In effetti il termine più appropriato sarebbe tutto ciò che esiste, cioè l’Essere, come lo chiamavano già i filosofi greci presocratici. E poiché essendo infinito occupa tutto ciò che esiste, c’è solo lui; Parmenide lo chiamava l’Uno e precisava anche che l’Uno è immobile. Lo è per forza, perché occupando tutto, non può spostarsi. E se è immobile è anche fuori dal tempo, perché il tempo misura movimenti o cambiamenti.”
Fiscaletti ha chiarito che nella loro teoria il tempo non esiste come dimensione fisica (niente spazio-tempo quindi, né possibilità teorica di viaggi nel tempo), ma solo come sistema di riferimento per misurare i cambiamenti – che sono irreversibili – e che riguardano le parti dell’Essere, non la sua unicità.
“Quest’Essere infinito che vive il suo eterno presente” ha proseguito Ferri “è formato da una quantità infinita di particelle indivisibili, veri atomi, se il termine non fosse già stato utilizzato per definire altri oggetti. Per tale ragione sono stati chiamati quanti di spazio (un quanto è la particella più piccola e indivisibile di qualcosa, nda), tutti uniti gli uni agli altri senza soluzione di continuità. Anch’essi sono immobili, incastrati gli uni negli altri, di forma geometrica tridimensionale, piace pensare ai dodecaedri che ricordano la forma dei diamanti, e costituiscono una griglia infinita, un reticolo che è l’intelaiatura fisica dell’Essere. Questa è la sua natura granulare.”
I quanti di spazio sono celle di energia delle dimensioni della lunghezza di Plank, il fisico tedesco che ha dedotto questa misura per mantenere coerenza alle diverse formule matematiche che spiegano i fenomeni dell’universo. L’energia di manifesta vibrando: “Essi hanno innumerevoli livelli di frequenza, tutti descrivibili da specifiche funzioni d’onda” ha continuato Ferri. “Il livello più elevato, massima frequenza, si chiama vibrazione fondamentale e corrisponde alla condizione del vuoto, cioè l’assenza di forme materiali. Tutte le altre frequenze, più basse, generano particelle e concorrono a creare l’insieme delle cose esistenti, noi stessi inclusi. E questa è la natura ondulatoria dell’Essere.”
Ma la natura ondulatoria riserva non poche sorprese. Ferri sostiene che vi sono due ‘leggi’ che regolano il comportamento dei quanti di spazio e precisa, per onestà intellettuale, che l’ardire di definirle leggi è farina del suo sacco, una libertà non propriamente scientifica che può permettersi solo uno scrittore. Ma serve per semplificare le spiegazioni: “La prima ‘legge’ stabilisce che i quanti di spazio non possono mantenere costantemente la loro condizione vibratoria, devono sempre cambiare frequenza, modificare la loro funzione d’onda. Quindi se sono nello stato fondamentale decadono e generano particelle, se si trovano ad altre frequenze tendono a tornare allo stato fondamentale.”
Secondo i nostri autori questa caratteristica è alla radice di tutto il movimento che esiste all’interno dell’Essere, per il quale quello che chiamiamo ‘tempo’ è un sistena di riferimento che ne misura il ritmo. E’ tutto un trasferire informazioni sulle funzioni d’onda da insiemi di quanti ad altri insiemi, che ne assumono le frequenze, determinando lo spostamento degli oggetti. Tutti noi, insieme a stelle e pianeti, ci muoviamo nello spazio attrraverso i quanti di spazio (che sono immobili), come si muovono in un televisore le immagini attraverso i pixel delo schermo! E tutto questo immenso nuoversi è finalizzato a tornare alla vibrazione fondamentale (chiave di lettura dell’entropia), attraverso un processo progressivo che è evolutivo, del quale la parte più elevata è l’evoluzione biologica e le sue leggi darwiniane.
La seconda ‘legge’ di Ferri spiega il fenomeno della non località quantistica, alcuni paradossi che si riscontrano negli esperimenti scientifici come quello della fenditura e il cosiddetto fenomeno dell’entaglement, cioè la capacità di due particelle gemelle di modificarsi all’unisono anche se separate da lunghe distanze: “Tutti i quanti di spazio che condividono la stessa frequenza d’onda sono in istantaneo (immediato, cioè non mediato) contatto tra di loro, anche se tra loro distantissimi.” Concetto inspiegabile da un’ottica ancorata alle nostre tre dimensioni, dominate dalle leggi della fisica che conosciamo, prima fra tutte l’insuperabilità della velocità della luce. Ma diviene più comprensibile, forse, se ne usciamo e ammettiamo l’esistenza di una quarta dimensione, quella della scala delle frequenze. “La vera quarta dimensione” ha detto Ferri “che non è il tempo. In questa dimensione le distanze non sono quelle della geometria fisica, piana o curva che sia, ma quelle delle scale di frequenza. Stessa frequenza uguale comunicazione istantanea. E questo ci permette di accedere all’ultima definizione, la più importante, quella della consapevolezza.”
“Se la nostra consapevolezza è il risultato del lavoro in rete di centinaia di milioni di neuroni che si attivano in parallelo, utilizzando come parametri di individualità le percezioni sensoriali e le informazioni depositate nella memoria” ha incalzato Ferri “è ipotizzabile che un numero enorme, infinito anch’esso (perché la metà di infinito, per esempio, è sempre infinita) di quanti che si trovano nello stato fondamentale, tutti in istantanea connesione tra di loro, formino quella rete di informazioni che genera una consapevolezza. Ed essendo infinita, non può essere altro che universale. L’Essere sa di esistere. Ne è consapevole. E ciascuno di noi” ha concluso Ferri “potrebbe essere un quanto di consapevolezza universale!”
A questo punto, inframmezzate alle letture di un paio di brani del romanzo, sono cominciate le domande, rivolte soprattotto a Davide Fiscaletti, che ha risposto agli interrogativi più tecnici precisando anche che la teoria è ancora in fase di elaborazione, non è completata in tutti i suoi dettagli e che alcuni degli enunciati oggi proposti vanno oltre la struttura di base del lavoro scientifico, sono speculazioni filosofiche che aiutano a indirizzare il senso della ricerca e sono servite allo scrittore per costruire una struttura narrativa valida anche dal punto di vista letterario. Ciò ha generato, quasi spontanea, la domanda se il romanzo non debba annoverarsi tra il genere della fantascienza. Ferri ha risposto che l’impianto narrativo può essere anche quello, ma rimane a cavallo tra romanzo scientifico e quello fantascientifico in base a come la teoria Fiscaletti-Sorli saprà mantenersi solida e ben strutturarsi in futuro.
Norberto Rigo,
2 febbraio 2014
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Il 23 marzo Davde Fiscaletti mi ha scritto: “Caro Mauro, domani al liceo classico di Urbino terrò la mia conferenza “L’arena dell’universo e i diversi livelli della realtà fisica”, in cui nella seconda parte farò breve presentazione del nostro romanzo.”