Il numero 72 della rivista Scienza e Conoscenza, in distribuzione da fine aprile 2020, ospita un mio articolo sul tema del nostro significato ontologico, nel quale parto dalla celebre affermazione di Einstein “Dio non gioca a dadi!” per giungere a individuare il senso escatologico del vivere non solo nostro, ma dell’intero Universo nelle sue svariate forme: dietro meccanismi oggettivamente stocastici si rivela lo scopo ultimo dell’Essere.
Guarda il video di presentazione dell’articolo sul mio canale You Tube:
Rinrazio il regista Giorgio Ricci, che ha realizzato il video, arricchendolo con la musica e le animazioni.
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Il 15 giugno mi ha scritto mio zio Andrea Ferri (da Bergamo):
Caro Mauro, Scusa il ritardo. Interessante il tuo saggio e intriganti i concetti di vibrazioni universali, l’armonizzazione delle frequenze, la consapevolezza ed i relativi quanti. Condivisibile l’eterno presente – l’aveva detto anche il Filosofo (Kant?): il presente è l’attimo fuggente ove il futuro che NON è ancora, diviene il passato che NON è più è l’isotropia delle regole. L’Essere comprende tutto ciò che percepiamo più tanto altro; quindi anche vita, intelligenza e le relative manifestazioni. Per esempio l’intuizione, che aiuta ad affrontare l’inconoscibile. Il testo è interessante e scorre in maniera logica e lineare. Ma fino a un certo punto: quando, nel paragrafo chiave (Siamo quanti di consapevolezza universale) fai un clamoroso salto logico: … strutturare la consapevolezza universale cioè la mente di Dio. A me sembra che il concetto di Dio sia superfluo a questo punto del ragionamento e soprattutto nel seguito quando gli attribuisci una valenza etica. Ora non metto in dubbio la possibilità dell’esistenza di massimi fattori con relative eventuali funzioni etiche universali; dopo tutto l’inconoscibile è inconoscibile e dentro. Ci può essere di tutto. Quello a cui tuttavia non posso rinunciare è la convinzione, anzi l’evidenza, che l’etica, la nostra etica, il complesso di norme che regolano i rapporti umani, non proviene dall’universo-mondo dell’inconoscibile, ma non può che appartenere al nostro mondo, quello reale e conosciuto, frutto dell’intelligenza e dell’istinto di conservazione. Le regole del bene e del male ce le fabbrichiamo da soli. E ognuno si fa le sue. Un abbraccio.
(2 luglio 2020). Caro zio, scusa anche tu il ritardo. Ti ringrazio di avermi inviato il tuo pensiero, che stimola riflessioni e approfondimenti. Io credo che siamo molto più vicini sui concetti di fondo di quanto non possa sembrare. Strutturare la mente di Dio non mi sembra un salto logico. È un’ipotesi sulla natura della realtà, tutta, quella nota e quella non ancora nota (non la definirei “inconoscibile”, ma non ancora conosciuta). Sono d’accordo con te che “le regole del bene e del male ce le fabbrichiamo da soli”, è una conseguenza della nostra realtà di esseri dotati di consapevolezza (guarda a questo proposito l’articolo sul libero arbitrio); ma ciò non toglie che possa esistere un rapporto di ciascuno di noi con la consapevolezza universale, o la mente dell’Universo, o di Dio, comunque la si voglia chiamare. E questo ci rende più responsabili, seppur liberi di fabbricarci le nostre regole del bene e del male.
Caro Mauro,
l’inconoscibilità è proposta (e, per quanto mi riguarda, sancita) dal Principio di Indeterminazione di Heisenberg. Heisenberg lo definì uno dei principi fondamentali della scienza.
Poi: se togli a dio la sua valenza etica, che gli rimane?
Un abbraccio,
Andrea