LA NIPOTE ORFANA, di Tamara Rigo, Nous Edizioni, 2011. Editing e sinossi.
Tamara Rigo, classe 1929, vive a Borgo Valsugana (TN). Dal balcone della sua casa si ammira spettacolare la Cima 12 e gli alti monti oltre i quali si nasconde l’altipiano di Asiago, bianchi di neve d’inverno e inondati da luce dorata nei tramonti senza nuvole.
Dopo aver letto “Nipote Orfana”, lo scrigno delle sue memorie d’infanzia e di gioventù, è un attimo guardare quelle cime e con l’immaginazione veder sbucare i caccia americani pronti a mitragliare la valle. Tale è la capacità rievocativa degli episodi più crudi ed emozionanti vissuti dall’autrice tra le sue valli.
La “Nipote Orfana” non è solo un libro di ricordi. È l’affresco di una personalità vivace, tendenzialmente allegra e fantasiosa, quella di una bimba nata in piena epoca fascista in una facoltosa famiglia borghese di montagna: una madre letterata, maestra seria e amata dai suoi allievi, e un padre scavezzacollo, un po’ geniaccio, un po’ artista, capace di dimenticarsi del giorno del matrimonio perché andato a fare una cavalcata.
Ma il destino si mette di mezzo e sottopone la piccola Tamara a prove durissime: nel 1937 la ancor giovane maestra Spagnolli muore di tumore. Il padre sparisce, i parenti anche. Tamara si ritrova orfana; la sua vivacità e la sua fantasia vengono fiaccate dai gironi di sofferenza che la vita le ha riservato.
Tamara ha sempre detto: “Io non ho fantasia”. Non è vero. In queste pagine, accompagnata dall’eco dei ricordi, la capacità di fantasticare e di immaginare che hanno tutti i bimbi riemerge nelle descrizioni di momenti a volte divertenti, altre volte struggenti, ma sempre autentici. Piccoli quadri di una delle tante province italiane, tanti personaggi, genuini e ipocriti (i più).
“Nipote Orfana” è la storia di Tamara da quando aveva otto anni a quando, a ventitré anni, si è sposata: l’infanzia sotto il Fascismo, la guerra, l’adolescenza, la “nuova frontiera” dell’Alto Adige, tutta da scoprire, e poi l’amore, sognato, cercato, perduto.
Una sorta di educazione sentimentale forzatamente autodidatta.
Nel 2012 questo racconto autobiografico ha vinto il 1° premio per la narrativa al concorso letterario “La donna si racconta”, organizzato dalla FIDAPA-BPW ITALY, con questa motivazione: Naturalezza di immagini come quadri in bianco e nero. Emozioni che si alimentano nel ricordo sovente troppo doloroso: sottintendono la storia, il sapere, lafatica di vivere, l’incertezza di tutto ciò che è nell’esistere. Notevole è l’equilibrio della realtà psicologica. Accorata e fluente l’esposizione.
Le immagini della premiazione sono nella news postata nella realtiva sezione.