Riporto, per gentile concessione dell’autore, il testo integrale della recensione al romanzo IL SELETTORE, che è servito come traccia per l’incontro con l’autore svoltosi il 16 aprile 2011 nel Castello dei Conti Guidi di Poppi (AR).
Un titolo lapidario e facile da ricordare: Il selettore. Con un’indicazione del “genere letterario” altrettanto lapidaria (ammesso che abbia ancora un senso la distinzione dei “generi letterari”): romanzo. Nulla che possa esercitare una particolare attrazione nel passante che vedesse il libro esposto nella vetrina di una libreria, se non fosse per la grafica: un crinale boscoso inquadrato da un mirino che potrebbe essere quello di un innocuo cannocchiale terrestre, ma anche quello o di un potente fucile da caccia grossa. Solo la copertina potrebbe indurre il nostro passante a prendere in mano il libro e a sfogliarlo: a questo punto, in qualunque pagina si dovessero posare gli occhi del nostro passante, il gioco sarebbe fatto e il libro sarebbe acquistato. Per essere letto tutto d’un fiato, come ho fatto io, e per accorgersi di quanto la copertina in questione sia azzeccata, convogliando l’attenzione su un punto ben preciso del bosco, diciamo una striscetta della lunghezza di poco più di un metro!
Ma mi rendo conto che non avendo letto il libro non avete capito nulla! Vediamo di fare un passo indietro e di sbrogliare la matassa cominciando da un capo. Il Selettore è dunque un romanzo, ma è anche una miniserie che consta di tre racconti (L’onda, Lo Strappo, La Porta) che sono poi lo stesso racconto riflesso in due specchi diversi, uno convesso e uno concavo.
Lo specchio convesso è un trhiller a tutti gli effetti, con il suo bravo cadavere, anzi i suoi bravi cadaveri, le relative indagini, la ricerca del movente e l’individuazione finale dell’ imprevedibile assassino con i suoi complici; che non sono, secondo le migliori tradizioni, quelli lasciati intendere in un primo momento! Per giunta, con un magistrale colpo di scena, i complici che entrano in campo sono assolutamente imprevedibili: anche questo delle migliori tradizioni.
Lo specchio concavo è un racconto di fantascienza con tanto di entrata in scena dell’elemento alieno che non è un esserino con le antenne verdi, ma un sofisticato robot tipo Guerre stellari prima serie! . Ed entrambi gli ”specchi” funzionano, e fanno funzionare il romanzo. L’ambiente è descritto con indubbia efficacia, i personaggi sono credibili e soprattutto coerenti con la loro tipologia, i loro tics, le loro caratteristiche psico-antropologiche.
Ogni tessera del mosaico è indipendente e vale per se stessa, a partire dalla descrizione dei luoghi: nel caso specifico dei boschi e del paesaggio del nostro Casentino con Badia, Stia e Bibbiena per epicentro e un crinale a 1400 metri dove sorge un osservatorio astrofisico che tiene sotto controllo l’universo, in collegamento con osservatori analoghi di tutto il mondo. Un Casentino, dunque, altamente tecnologico e ben diverso da quello immaginato da Dante con i suoi ruscelletti che scendon giuso in Arno!
Il primo dei tre capitoli -chiamiamoli così- del romanzo, L’Onda, mette in moto l’intero meccanismo narrativo: lo scienziato Livio, che lavora nell’osservatorio, è il selettore poiché concilia le sue due passioni, la caccia -anche una caccia di tipo, diciamo così, storico con l’arco: un particolare da tenere a mente- e la ricerca scientifica. Entrambe le passioni si intrecciano perché sono in qualche modo messe a dura prova: la caccia per l’interferenza di Giulia, la ragazza dell’inevitabile storia d’amore, veterinaria di professione e poco tenera con i cacciatori in genere, e la scienza per l’apparizione di una misteriosa onda che, studiata ed analizzata da tutti gli astrofisici del globo, dovrebbe essere in grado di causare uno “strappo” che aprirà una misteriosa “porta”, uno stargate oltre il quale si apre l’ignoto. Il varco si aprirà ad un’ora prevedibile con esattezza fino al secondo, precisamente alle 12, 34 minuti e 56 secondi, in un punto ben preciso dello spazio, per l’esattezza un lembo di bosco grande quanto un’amaca, in una delle anse del Ruscello di Prato Alto.
Deludendo ferocemente la ragazza che tenta con tutti i mezzi possibili -anche con il classico colpo basso della seduzione- di dissuaderlo, Livio si farà trovare puntuale al terribile appuntamento!
Come potete ben immaginare il secondo capitolo -continuiamo a chiamarlo così- Lo Strappo, è imperniato sulla riuscita dell’esperimento e sull’approdo di Livio, attraverso un wormhole (alla lettera buco del verme, uno stargate, una porta), in un universo parallelo nel quale rimane, come vedremo fra un attimo, imprigionato non senza alcuni aspetti positivi e perfino gradevoli. Il terzo capitolo, La Porta, contiene la soluzione della vicenda, una soluzione non banale e per niente scontata.
L’impianto, diciamolo subito non è certamente originale: è l’ennesima variazione, come avrete già capito, sul tema degli universi paralleli e dei problemi che comporta l’eventualità di passare da uno ad un altro, nella presunzione che la realtà esista come parte di un multiverso con quella che è stata chiamata ucronia, cioè l’eventualità che in un universo parallelo le stesse vicende si siano realizzate in maniera diversa: per esempio c’è stato Cesare nell’antica Roma, ma la congiura di Bruto e Cassio è fallita e il dittatore ha potuto realizzare il suo programma; ci sono stati Napoleone e Wellington, ma a Waterloo ha vinto Napoleone, con le conseguenze che si possono immaginare in entrambi i casi nello sviluppo successivo della storia.
Prescindendo dagli archetipi (le Rane di Aristofane, dove il regno dei morti è il parallelo del mondo reale, e Alice nel paese delle meraviglie dove lo stargate del wormhole è il famoso specchio) il capolavoro assoluto del genere nella narrativa mondiale è il romanzo di Carl E. Sagan Contact, publicato nel 1985 e subito trasformato nell’omonimo film con una grandissima Jodie Foster. Personalmente collocherei sullo stesso piano il film di Richard Kelly Donnie Darko, che è del 2001, ma in Italia ancora non ha sfondato.
Per esemplificare meglio la teoria del multiverso posso fare un esempio un po’ sommario, ma efficace: supponiamo che vi siano alcuni tavoli da biliardo paralleli e che un’unica gettata di palle avvenga contemporaneamente in tutti i tavoli. Le palle sono le stesse che si realizzano contemporaneamente sui diversi tavoli, ma ovviamente si urtano, rimbalzano e si mescolano in modo diverso. Un wormhole potrebbe far schizzare una palla dal suo tavolo a un tavolo parallelo: tale palla troverebbe le sue compagne, e paradossalmente perfino se stessa, nello stesso tempo e nello stesso spazio, ma con tutt’altri atteggiamenti, abiti e usanze. Il tema è trattato magistralmente anche in un celebre episodio della serie Star Trek, intitolato per l’appunto Universi paralleli! Ma fermiamoci qui perché se dovessimo passare in rassegna i romanzi, i racconti, i film e i serial televisivi che si basano su questa tematica faremmo notte: perfino Homer Simpson ha la sua brava avventura con un wormhole che si apre dietro un armadio!
Torniamo al Selettore! Il pregio del romanzo non è dunque l’originalità del presupposto di base, ma quella dello stile, della modalità, degli sviluppi e della finalità della narrazione. Se scrivo la sceneggiatura di un film western ci dovrò mettere la prateria, gli indiani, le carovane di coloni e i lunghi coltelli, che non saranno pertanto elementi originali, ma costituiranno la cornice di un quadro, non saranno il quadro.
La Strappo che si produce alle 12,34 minuti e 56 secondi vicino all’ansa del ruscello di Prato Alto ed apre la misteriosa Porta non è altro che un wormhole, che abbiamo visto essere il cavallo di battaglia della fantascienza per due capacità che gli vengono attribuite: da un lato quella di consentire, sfruttando la fantomatica curvatura dello spazio, il balzo fra punti lontani anni luce e dall’altro quella complementare di consentire lo sconfinamento in un universo parallelo.
Per il primo caso tutti conoscete certamente la serie televisiva Farscape (tradurrei Fuga nell’infinito) basata sull’eventualità di finire in una remota plaga dell’universo a causa di un’accidentale attraversamento di un wormhole; per il secondo caso tutti ugualmente conoscete la serie Sliders (è stato tradotto con I viaggiatori: meglio sarebbe stato tradurre: Gli Arrivi): qui i wormhole consentono non di saltare da un punto all’altro dell’ universo, ma da un universo ad un altro universo parallelo, rimanendo nello stesso punto geografico e cronologico.
È esattamente questo il caso del nostro Selettore: Livio alle 12, 34 minuti e 56 secondi di un dato giorno del 2010 dal suo angolo di Casentino, e nello stesso angolo di Casentino, parte, e alla stessa ora dello stesso giorno dello stesso anno 2010, nello stesso angolo di Casentino arriva. Ebbene: ritrova intorno a sé tutte le persone che conosce, che hanno avuto tuttavia una storia diversa perché sono conseguenti ad un passato diverso: nel caso specifico non c’è stata l’evoluzione tecnologica per cui la vita scorre in uno stato che potremmo definire prerinascimentale, senza macchine, senza l’elettricità, senza la polvere da sparo e le armi da fuoco e per conseguenza di tutto questo senza alcuna forma di inquinamento. Ma con tutti gli atteggiamenti, le passioni e gli intrighi che caratterizzano il nostro universo: in entrambi ci sono l’inganno, il tradimento, il doppio gioco e la bramosia di potere: in entrambi c’è che trama nell’ombra per accordare le leggi alle proprie aspirazioni. In entrambi c’è l’uomo, che è il tarlo del pianeta: Ferri sembrerebbe concordare con la nota massima attribuita a Mark Twain: la terra sarebbe bellissima, ma è malata: ha l’uomo. Come si direbbe di un uomo: ha l’AIDS! L’uomo è il virus che distrugge il pianeta!
Con sottile ed umoristico senso di par condicio, Ferri attribuisce, nel Casentino parallelo, ad una donna la brama di potere unita alla totale mancanza di scrupoli nel perseguire lo scopo!
E qui entra in ballo la personalità del Ferri che si rivela scrittore di rango nel mantenere il parallelismo fra i personaggi dei due universi, nel mantenere la piena coerenza fra le azioni, i pensieri e le ambizioni dei personaggi nelle diverse situazioni, con una particolare calibratura del protagonista, che incarna efficacemente l’uomo ulissiaco il quale non esita a mettere in gioco la vita per accedere alla conoscenza, il tipo dello scienziato che corre incontro all’eruzione del Vesuvio mentre tutti gli altri scappano, dell’esploratore delle foreste, degli abissi sotterranei e marini, dello spazio cosmico.
Con una serie di passaggi condotti con limpida logica e cartesiana chiarezza, l’uomo che ha sempre creduto nel potere liberatorio della scienza, si ritrova a tu per tu col dubbio, con lo smarrimento che nasce dal frantumarsi delle certezze e ripiega sul sentimento, pervenendo -udite, udite- al trionfo finale dell’amore: omnia vincit amor, per giunta proprio nel giorno di Natale quando tutti corrono il rischio di essere più buoni!
“Quello messo in atto dal romanzo di Mauro Ferri -si legge nella prefazione di Giancarlo Quiriconi- è un affresco della condizione umana, delle sue cadute, delle sue speranze, del suo senso di smarrimento, ma anche della sua consistenza. Ed è anche una narrazione di avventura, affascinante, spesso imprevedibile, che si avvale di una lingua piana, diretta, che non disdegna tuttavia il ricorso ai linguaggi settoriali (tecnologico-scientifici) e l’utilizzo, moderato e per ciò incisivo, del parlato colloquiale”. E perfino, aggiungo, dello stile del romanzo epistolare poiché due punti cruciali di tutta la vicenda sono affidati al vecchio, ma sempre valido espediente, della lettera.
L’originalità del romanzo riposa nella capacità che il Ferri ha dimostrato di tenere ben in pugno le redini del racconto mantenendo un rapporto ben congegnato fra i personaggi del nostro universo e il doppelgänger di ciascuno di loro nell’altro, fra i luoghi del nostro e i luoghi dell’altro: i legami e gli intrighi che intercorrono fra le varie coppie (Livio-Giulia, Laura-Fulvio) e i comprimari come il sergente e il parroco. Ed è originale anche il colpo di scena finale allorquando fanno finalmente bobo sette gli alieni che infestano l’altro universo, ma per fortuna non il nostro, e allorquando viene finalmente rivelato che gli assassini che uccidono soltanto giovani in procinto di sposarsi sono …eh, no, chi sono gli assassini non ve lo posso dire: vi invito ad acquistare il romanzo che costa solo 15 euro e vi assicuro che né l’Autore, né l’Editore mi passano alcuna percentuale…!
Claudio Santori